“Il bambino delle vigne” di Elena Vatta

di | 7 Agosto 2023

Può la mancanza di affetto da parte di una madre sconvolgere le sicurezze di un uomo? Nel romanzo d’esordio di Elena Vatta “Il bambino delle vigne” potrai scoprirlo attraverso la rivisitazione di una storia vera.

Buona lettura.


Dettagli del libro

Titolo: Il bambino delle vigne

Autrice: Elena Vatta

Casa editrice: youcanprint

Anno: 2023

Pagine: 198 p.

Genere: narrativa contemporanea

Formato: cartaceo ed ebook

ISBN: 9791221431803


Trama

Abbandonato dalla madre in un collegio femminile a nemmeno due anni, Giuseppe cresce benevolmente accudito tra le verdi colline del Collio goriziano: apparentemente un’infanzia spensierata a cui non manca nulla, ma in cui il primordiale bisogno di amore esclusivo e incondizionato viene costantemente disatteso dall’assenza materna sempre più definitiva. Crescendo impara ad esorcizzare quella mancanza convincendosi di essere emotivamente indipendente e affrontando le sfide quotidiane come opportunità di riscatto. Eppure quell’amore materno negato lascia delle crepe nell’uomo che diventa: finisce col non abbandonarsi mai completamente ai sentimenti, con l’amarsi da sé come avrebbe voluto essere amato e con l’assecondare un infantile bisogno di accudimento. «Adulto troppo presto, bambino per sempre.» Finché non si imbatte nell’occasione inaspettata di pareggiare i conti col passato, di lasciarsi travolgere dall’amore e di far pace con la sua Storia.

Liberamente ispirato ad una vicenda vera, «Il bambino delle vigne» è un delicato inno alla vita e alle molteplici possibilità di riscatto che offre. «Dicono che il primo amore non si dimentichi mai, che ti segni per sempre. Ma cosa dire dell’amore prima del primo amore? Di quello materno che non solo segna ma crea l’impalcatura su cui reggere tutto l’edificio di una vita?»


Incipit

Non guardare se il tuo bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto. Guarda quanta luce c’è nel vetro.

(F. Caramagna)

Amava il vino, lo amava fin da quando ne aveva memoria. «Il vino disinibisce» sosteneva fino allo sfinimento e lo faceva ripetere a chi era con lui, come una filastrocca imparata a memoria da uno scolaretto zelante, mentre annuiva soddisfatto con il piglio di un’insegnante che ha portato a termine il suo compito. Il vino era il collante delle sue serate tra amici o l’amico silenzioso di quelle solitarie; il bicchiere fresco che scivolava lungo la gola nelle calde sere estive e quello corposo che gustava dopo averne odorato il bouquet aromatico, nel tepore domestico quando fuori si gelava. Amava il colore rubino del “nero” che sa di frutta matura e di campi tagliati di fresco, non meno di quello ambrato del bianco che evoca sentori di miele e frutta secca.

Non si era mai chiesto perché ricavasse così piacere da ogni senso mentre odorava, ammirava e assaggiava quel nettare. Non era solito interrogarsi troppo neanche sul resto. Aveva imparato sin dall’infanzia che è infinitamente più facile non fare e non farsi troppe domande, non pensare troppo ai dettagli e ai perché, evitare le complicazioni e le responsabilità e lasciarle scivolare come bicchieri di vino, rendendo conto solo a sé stesso, con tanti sogni ma senza programmi a lungo termine. Tanto aveva provato sulla sua pelle che ci pensa la vita a scombinare i piani fatti.

Non si faceva domande: non voleva sapere le risposte. Semplicemente viveva alla giornata, come poteva e come riusciva, bevendo ad ampie sorsate le gioie, tutte quelle che poteva avere, e inghiottendo con malcelata stizza i fastidi non aggirabili, come sorsi inaciditi dal tempo.

«Ci sarà un’altra bottiglia di vino buono» si diceva con convinzione «mai lasciarsi sopraffare per un bicchiere dozzinale!»


Recensione

Leggere mi ha portato in questi anni a entrare nelle storie di molte persone, fare la loro conoscenza e avvicinarmi ad aspetti della vita a me lontani, non provati sulla mia pelle ma di cui volevo approfondire.

“Il bambino delle vigne” mi ha presentato Giuseppe, un uomo dall’infanzia sofferta, un uomo che ha affidato le sue memorie di bambino all’autrice affinché ne realizzasse uno scritto che faccia riflettere sulla vita, sulle possibilità, sulla genitorialità e sul ruolo importantissimo che hanno i genitori nella crescita dei figli.

Giuseppe ha vissuto fin da piccolo in una struttura gestita dalle suore. Lasciato alle loro amorevoli cure perché entrambi i genitori non avevano la possibilità di seguirlo. Sposati per riparare alla gravidanza, sua madre Rosi e suo padre Mimmo sono incompatibili e ognuno prende la sua strada, vedendo in Villa Russiz un posto adeguato al proprio figlio.

In appendice troviamo alcune fotografie dei luoghi descritti e dei principali affetti di Giuseppe.

Attraverso un lui ormai uomo ripercorriamo avvenimenti che hanno avuto un peso tra i suoi ricordi: birichinate di quando era piccolo, momenti gioiosi e di dolore. Lo fa inizialmente con l’ingenuità di un bambino, che aspetta trepidante la visita settimanale della madre o del padre. Con il passare degli anni e alcune delusioni, lo si vede dover affrontare la realtà prima della sua età.

Ho sofferto con lui e per lui. Leggere dell’insicurezza che lo destabilizza ora che è adulto fa male, sapere che in lui c’è un grande vuoto dovuto alla mancanza di amore materno è spiazzante. Trovo molto originale la metafora utilizzata per esplicitarne l’entità.

Un vaso bellissimo ma vuoto, non colmato appieno di tenerezza quando ne aveva avuto bisogno, e che per quanto ora venisse riempito, continuava a svuotarsi inesorabilmente attraverso crepe e fessure apparentemente invisibili ma non riparabili

Nonostante il suo adorato padre sia stata una figura più presente e si sia imposto come il suo idolo, in Giuseppe c’è il dolore di una madre che

Gli aveva negato però il conforto di un porto sicuro in cui crescere con continuità e soprattutto lo aveva privato della consolante certezza di essere speciale ai suoi occhi e a quelli del mondo.

Non tutt* siamo uguali, c’è chi ha priorità diverse, chi per scelta preferisce pensare con egoismo in primis al proprio bene e non si cura di chi ha intorno. Non condivido ma neppure conosco a fondo il motivo di questo agire per potermi scagliare in giudizi. Posso solo dire che per me l’arrivo di una nuova vita è un dono speciale e se non si è pronti a svolgere il proprio compito di educatori occorre essere fermi nell’affidarlo ad altri.

Come scritto dall’autrice

Alle volte siamo convinti di non avere scelta, ma quello che ci manca è solo il coraggio.

Il mio passaggio preferito del romanzo? Eccolo.

È difficile ammettere che la vita semplicemente accade, fuori da qualsiasi predeterminazione, desiderio, controllo. Forse in fondo quando lo si capisce, lo si accetta e lo si vive, si rischia di incappare in quella felicità che tanti inseguono inutilmente per sempre. La vita semplicemente accade.

Un romanzo che smuove sentimenti profondi, che stimola al confronto e che soprattutto fa pensare.

Consigliatissimo e ahimè senza tempo, perché nello sbagliare noi umani ci ricadiamo sempre, pur conoscendo la lezione.


Biografia dell’autrice

Nata a Trieste nel 1975, osservatrice curiosa di luoghi e persone, lettrice instancabile, ama stupirsi e ritrovare l’unicità che si nasconde nelle vite apparentemente ordinarie di ciascuno, sondare le personalità e condividere quel messaggio di passione per la vita che ogni incontro può dare. Da poco ha scoperto il piacere di trasformare queste sensazioni in storie. È nato così il suo primo romanzo, ispirato ad una vicenda vera.