“I ragazzi della Nickel” di Colson Whitehead

di | 16 Gennaio 2022

La chiave per sopravvivere qui dentro è la stessa che serve per sopravvivere là fuori: Devi guardare come si comportano gli altri, e poi devi imparare a girargli intorno come in un percorso a ostacoli. Se vuoi uscire di qui.

Una realtà fatta di violenza, soprusi e resilienza quella che ci viene presentata da Whitehead in “I ragazzi della Nickel”, premio Pulitzer 2020.

Letto per il gdl #prizereadingit organizzato da Emilie di @_booksinlove_, ve ne parlo ora anticipando che è ufficiale: con i premi letterari non vado d’accordo!

Buona lettura.


Dettagli del libro

Titolo: I ragazzi della Nickel

Autore: Colson Whitehead

Casa editrice: Mondadori

Collana: Oscar assolute

Anno: 2021

Pagine: 213 pp.

Genere: fiction storica

Formato: cartaceo ed ebook

ISBN: 9788804740827


Prologo

Anche da morti i ragazzi portavano guai. Il cimitero segreto si trovava nella parte settentrionale del campus della Nickel in una zona coperta di chiazze d’erba incolta tra la vecchia stalla e la discarica. Ai tempi in cui la scuola gestiva una latteria e vendeva i suoi prodotti alla gente del posto – uno degli stratagemmi con cui lo stato della Florida esentava i contribuenti dalle spese per il mantenimento dei ragazzi -, quell’appezzamento veniva usato come pascolo. I costruttori del complesso di uffici lo avevano destinato ad area per la pausa pranzo, con quattro fontane è un palco dell’orchestra in cemento per le occasioni speciali. La scoperta dei cadaveri fu una costosa complicazione per l’impresa immobiliare che aspettava il via libera dallo studio ambientale, e per il procuratore dello Stato che aveva da poco chiuso un’indagine sulle storie di maltrattamenti. Adesso doveva aprirne un’altra, per stabilire l’identità dei defunti e le circostanze della loro morte, e nessuno sapeva quando quel posto della malora avrebbe potuto essere raso al suolo, ripulito e cancellato dalla storia, cosa che tutti auspicavano da tempo. I ragazzi sapevano di quel luogo maledetto. C’era voluta una studentessa della University of South Florida per mostrarlo al resto del mondo, decine di anni dopo che il primo ragazzo era stato infilato dentro un sacco di patate e scaricato lì.


Trama

Primi anni Sessanta, Florida. Il movimento per i diritti civili sta prendendo piede anche a Frenchtown, il quartiere afro-americano della capitale, ed Elwood Curtis, un ragazzino cresciuto dalla nonna, si forma sugli insegnamenti di Martin Luther King. Il suo grande sogno è frequentare il college e iniziare la sua nuova vita, ma proprio il primo giorno di scuola accetta un passaggio su un’auto rubata. Pur non c’entrando nulla con il furto, Elwood viene spedito alla Nickel Academy, una scuola-riformatorio per soli maschi la cui missione è trasformare il piccolo delinquente in “un uomo rispettabile e onesto”. Questo sulla carta. Perché nei fatti la Nickel Academy è un vero e proprio viaggio all’inferno.


Recensione

Avevo il desiderio di approfondire la conoscenza delle opere di Whitehead e ho posto rimedio.

L’anno scorso vi ho parlato di “La ferrovia sotterranea”, un libro che mi ha dato tanto e che ho molto apprezzato. Mi sono approcciata a questo nuovo scritto con grandi aspettative, dovute punto primo dal bel ricordo di scrittura, punto secondo dal premio ricevuto e dal riscontro ottenuto. Persino il presidente uscente degli Stati Uniti Barack Obama lo ha definito “Una lettura necessaria”. Potevo avere quindi qualche dubbio? No!

Ecco. Si è ripresentata per me la stessa questione del gradimento di fronte a libri acclamati dalla critica. Quando mi trovo nelle mani un libro “eccellente” non mi piace. Il premio Strega 2021 non mi ha coinvolto come avrei voluto, “I ragazzi della Nickel” mi pare un buon libro, ma non mi ha preso.

Pur essendo basato su fatti realmente accaduti e pur dando testimonianza di un momento buio della realtà sociale americana, elementi che davo per vincenti, non ne sono uscita soddisfatta.

Siamo nell’America del secondo ‘900, in subbuglio per le sempre più frequenti manifestazioni da parte dei cittadini di colore che rivendicano i loro diritti civili.

Un ragazzino di colore, Elwood, assiste agli imminenti cambiamenti in atto e vuole esserne parte. Si informa dai giornali, ascolta alla radio le poche informazioni che arrivano, consuma a forza di ascoltarlo il disco su cui è registrato il discorso di Martin Luter King.

I genitori lo hanno abbandonato fin fa piccolo alle cure della nonna, una donna dai saldi principi morali, che cresce Elwood tenendolo lontano dai pericoli che la vita di nero americano gli riserva. Harriet ha sofferto molto, vedendo tutti gli uomini importanti della sua vita morire per il solo colore della pelle e non vuole che lo stesso destino tocchi al suo nipotino. La sua perseveranza e la disciplina imposta ad Elwood per amore la rendono ai miei occhi un’eroina, la sola figura di rilievo nella storia. Peccato che il destino abbia sempre piani diversi dai nostri e avvenga comunque inesorabilmente la separazione tra i due.

Elwood è intelligente, ama leggere e sogna di frequente il college. Il giorno in cui sta per andare a visitare il campus viene arrestato ingiustamente perché ritenuto complice di furto e spedito al riformatorio minorile, una sorta di ghetto diviso tra bianchi e neri. Lì cominciano i soprusi, i maltrattamenti, le privazioni, ma la voglia di non mollare, di dimostrare che si può uscire anche da quella situazione non lo abbandonano: un ragazzo davvero “resistente”.

So che qui non c’è niente che cambia le persone. Qui dentro è là fuori è la stessa cosa, solo che qui dentro non si deve più fingere

Purtroppo assistere alla cronaca della sua detenzione non mi ho fatto provare alcuna vicinanza emotiva né con lui né con i suoi compagni di sventura. Questo aggiungo pur sapendo che chi dava rogna spariva misteriosamente e nessuno ne sapeva più nulla. È come se lo scrittore abbia dato più importanza all’esistenza del riformatorio e all’accusare il sistema che al farci arrivare la sofferenza di chi lì dentro ci ha vissuto. La stessa cosa l’ho avvertita in “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Distacco dalle persone ma accusa del male umano e dei Lager.

Non c’era nessun sistema organizzato a guidare la crudeltà della Nickel, solo un disprezzo indiscriminato che non c’entrava nulla con le persone.

Questione di gusti! Io di fronte a situazioni tragiche voglio piangere con chi le vive, provare empatia, non restarne indifferente e scavalcare il moribondo a terra. C’è troppa razionalità e freddezza nelle parole dell’autore.

Quando trovarono il cimitero segreto, capì che doveva tornare. Il gruppetto di cedri alle spalle del reporter televisivo gli rievoca il caldo sulla pelle, lo stridio delle cicale. Tutto questo non era affatto lontano. Non lo sarebbe mai stato.

La scelta stilistica di alternare la voce passata a quella presente di Elwood, inoltre, crea un pochino di confusione, accentuata dal fatto che come un Pollicino ho dovuto scoprire una briciola alla volta tutti i dettagli che rendono comprensibile le accuse a lui rivolte. Sembra sia caduta per terra la scatola del puzzle e un pezzetto ogni capitolo veniamo a capo di nuovi particolari e sfumature. Se il più delle volte questo meccanismo mi sprona a divorare il libro per saperne sempre di più, in questo caso il gioco non mi ha divertito.

Tra un dettaglio importante e l’altro abbiamo divagazioni non sempre fondamentali alla riuscita della storia, messe lì per aggiungere elementi al quadro.

Voi saltate paragrafi qua e là se vi state annoiando? A me a metà di questo libro è successo. O andavo avanti o lo avrei abbandonato.

Il finale mi ha colta impreparata, perché la rivelazione a cui si assiste ha dello spiazzante, nulla però di originalissimo.

Proverò a leggere altri titoli vincitori di premi letterari?

Sono dura a morire, ci riproverò sicuramente.

A chi consiglio questo libro?

Direi che fa per chi legge di denunce sociali e di razzismo, a chi vuole recuperare tutti i libri premiati per il premio Pulitzer e a chi vuole smentirmi trovando qualcosa di profondo che non ho colto.

Volete dirmi la vostra opinione su questo romanzo se lo avete letto o parlarmi delle vostre esperienze in fatto di “premiati”? Vi leggo con piacere nei commenti.


Biografia dell’autore

Colson Whitehead (New York 1969) ha esordito nel 1999 con “L’intuizionista”, finalista al PEN/Hemingway. “John Henry festival” (2001) è stato invece finalista al Pulitzer e al Book Critics Circle Award mentre “La ferrovia sotterranea” (2016) ha vinto, tra gli altri, il National Book Award, il Pulitzer e l’Arthur C. Clarke. Premio Pulitzer anche per “I ragazzi della Nickel” (2019). Del 2021 il suo ultimo libro “Il ritmo di Harlem”.


8 pensieri su ““I ragazzi della Nickel” di Colson Whitehead

  1. La libreria di Yely

    La trama di per sè mi attira molto, però dopo la tua recensione non so se lo leggerei…

  2. Lemille_e_unapagina

    Non ho letto questo libro, ma non credo i faccia per me.

  3. marynightmare

    Non è di sicuro una lettura per me, sono molto impressionabile dalla sofferenza dei bambini e ragazzi. Capisco anche la tua osservazione sul fatto che il libro non favorisca pienamente l’empatia e l’immedesimazione riguardo ciò che hanno subito, anche a me è capitato di leggere libri così. Si sforzano di raccontare tutto ma non trasmettono molto.

  4. Sonia Murtas

    E’ capitato spesso anche a me, purtroppo la delusione è sempre grande!

  5. Simon _Thewriter

    Non conosco chi lo ha scritto, il tema é piú che mai scottante, nisogna vedere come é sviluppato all’interno del libro.

  6. Ale87_book_funko

    Non ho letto questo testo perché mi è piaciuto il tuo approfondimento vero. Capita di incappare in libri che non coinvolgono emotivamente come sperato.

  7. Maria Grazia

    È capitato spesso anche a me. Libri che pensavo mi avrebbero rapita, invece mi hanno lasciato un po’ delusa nonostante ne riconosca i pregi

I commenti sono chiusi.